Per “giochi di contatto” si intendono quei giochi che abbinano una breve filastrocca a dei gesti fatti dall’adulto sulle mani, sul viso o sul corpo del bambino. Il bambino, a seconda del gioco, si trova vicino, in braccio o seduto sulle ginocchia dell’adulto.
I giochi di contatto, come i canti, rappresentano un’occasione privilegiata di relazione tra l’adulto e il bambino, caratterizzata dal piacere di stare insieme. Per questo non possono essere ridotti a semplice passatempo o intrattenimento, ma devono essere curati, svolti in una modalità, uno spazio e un tempo che li valorizzi.
La loro funzione, attraverso la ripetizione e l’anticipazione, è anche quella di creare fiducia e rassicurare il bambino. Per questo motivo, è molto importante che l’adulto sia disponibile a ripetere più e più volte lo stesso gioco.
L’esperienza viene offerta dall’educatrice lasciando che il bambino l’assorba dentro di sé con il tempo e le emozioni che richiede, senza pretendere che il bambino la ripeta o esegua ciò che fa l’adulto. L’adulto, se si tratta di un’ educatrice e non di un genitore, partecipa al gioco senza eccedere negli scambi affettuosi.
Se ci sono più bambini (l’ideale a questa età è un gruppo di tre, quattro al massimo), l’educatrice fa lo stesso gioco con ciascuno, uno alla volta, senza escludere o rinviare nessuno.
Per la scelta dei giochi da proporre, di regola è meglio preferire il patrimonio popolare autentico, anche in dialetto, rispetto a composizioni inventate a fine didattico.
Come per i canti per i più piccoli, le parole devono essere semplici, perfettamente comprensibili a loro.
È opportuno quindi rinviare i veri e propri giochi cantati e mimati, basati su movimenti veloci e coordinati (come girotondi, catene, balletti), perché sono più adatti a bambini più grandi, dopo i 5 -7 anni (per esempio la danza del serpente). Ogni anticipo gratuito richiede al bambino uno sforzo di adattamento che riduce il suo piacere. È sempre meglio offrire ai più piccoli brevi esperienze, forse sempre uguali o simili tra loro, che cedere alla tentazione di dare cose più complesse ma “anticipatorie” di abilità successive.